CODICE DEONTOLOGICO

CAPO I – PARTE GENERALE
Art. 1 (Ambito di applicazione)
1. Il presente Codice reca le norme deontologiche circa l’esercizio della
professione di Consulente del Lavoro, così come definita all’articolo 1 della
Legge 11 gennaio1979, n. 12 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché
dall’articolo 2 del Decreto del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali 21
febbraio 2013, n. 46, al fine di garantire gli interessi generali ad esso connessi, di
tutelare l’affidamento della clientela, assicurare il decoro e la dignità
professionale e il rispetto della legalità.
2. Il Codice si applica ai professionisti ed alle società tra professionisti iscritte
all’albo dei Consulenti del Lavoro ed agli iscritti al Registro praticanti di cui
all’articolo 6 del D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, che sono tenuti a conformare la
propria condotta ai doveri di cui al Capo II.

Art. 2 (Definizioni)
1. Ai fini del presente Codice:
a) per “Consulente” si intendono i professionisti o le società tra professionisti
iscritte all’Albo di cui all’articolo 8 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12.
b) per “praticante” si intende colui che svolge il periodo obbligatorio di
tirocinio necessario per l’ammissione all’esame di Stato per l’abilitazione
all’esercizio della professione di Consulente del lavoro.
c) per “Ordine” si intendono i Consigli Provinciali o il Consiglio Nazionale di
cui al Titolo III della Legge 11 gennaio1979, n. 12.

CAPO II – DOVERI GENERALI
Art. 3 (Dovere di dignità e decoro)
1. I soggetti indicati al precedente articolo 1 sono tenuti a svolgere con dovere di
dignità e decoro l’attività professionale svolta a titolo individuale, associato,
societario, nonché nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato.

Art. 4 (Principio di professionalità specifica)
1. Nell’esercizio a titolo individuale, associato e societario, il Consulente deve
ordinare la propria attività in modo che sia resa a favore del cliente sotto la
propria direzione e responsabilità personale in conformità al principio di
professionalità specifica.

Art. 5 (Dovere di lealtà e correttezza)
1. Il Consulente deve svolgere la sua attività con lealtà e correttezza nei confronti
del cliente e dei terzi a qualunque titolo coinvolti.

Art. 6 (Dovere di fedeltà)
1. E’ dovere del Consulente svolgere con fedeltà nei confronti del cliente la propria
attività professionale.
2. Il Consulente è tenuto ad anteporre gli interessi del cliente a quelli propri.

Art. 7 (Dovere di indipendenza)
1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 6 , comma 2, il Consulente ha il dovere di
conservare la propria autonomia di giudizio, tecnica e intellettuale, e di
difenderla da condizionamenti esterni di qualunque natura.

Art. 8 (Obbligo del segreto professionale)
1. Il Consulente è tenuto al segreto professionale ai sensi dell’art. 6 della Legge 11
gennaio 1979, n. 12.

Art. 9 (Dovere di riservatezza)
1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 8, il Consulente deve assicurare la
riservatezza circa i dati e le notizie di cui sia venuto a conoscenza in occasione
della promozione o esecuzione del rapporto professionale.
2. Il Consulente è tenuto a creare le condizioni affinché la riservatezza sia
mantenuta da parte dei dipendenti, dai soci, dai praticanti e da tutti coloro che, a
qualunque titolo, operano nel suo studio e per conto delle stesso.

Art. 10 (Dovere di competenza)
1. Il Consulente non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con
la necessaria competenza o per i quali non sia in grado di assicurare
un’organizzazione adeguata.
2. Il Consulente deve curare costantemente la propria preparazione professionale,
conservando e accrescendo il sapere con particolare riferimento ai settori nei
quali è svolta l’attività.
3. È fatto obbligo al Consulente del Lavoro di curare la propria preparazione in
conformità a quanto previsto dall’apposito Regolamento sulla Formazione
Continua approvato dal Consiglio Nazionale.

Art. 11 (Dovere di informativa)
1. L’informativa circa l’attività professionale e la forma giuridica di organizzazione
adottata per lo studio deve essere resa secondo correttezza e verità.

Art. 12 (Responsabilità patrimoniale)
1. Il Consulente è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i danni derivanti al
cliente dall’esercizio dell’attività professionale, comprese le attività di custodia
dei documenti e valori ricevuti dal cliente stesso.
2. Il Consulente deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione
dell’incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni
variazione successiva.
3. Costituisce illecito disciplinare lo svolgimento dell’attività professionale in
mancanza di idonea copertura assicurativa.

CAPO III – RAPPORTI ESTERNI
Art. 13 (Rapporti con altri professionisti)
1. E’ fatto divieto al Consulente di accettare incarichi congiuntamente con soggetti
non abilitati e di avvalersi, per l’esercizio di prestazioni riservate, di soggetti non
abilitati ovvero di promuoverne o favorirne l’attività.

Art. 14 (Concorrenza sleale)
1. La concorrenza deve svolgersi secondo i principi dell’ordinamento giuridico,
così come integrati dalle norme del presente Codice.
2. Fatto salvo quanto stabilito all’articolo 33 del presente Codice i seguenti
comportamenti possono assumere rilevanza ai sensi del comma precedente:
a) la diffusione di notizie e apprezzamenti circa l’attività di un professionista
idonei a determinarne il discredito;
b) il compimento di atti preordinati, in via esclusiva, ad arrecare pregiudizio
all’attività di altro professionista;
c) l’uso di segni distintivi dello studio idonei a produrre confusione con altro
professionista;
d) la distrazione da parte del Consulente chiamato a sostituire
temporaneamente nella gestione dello studio un collega sospeso o
impossibilitato di clienti di quest’ultimo;
e) l’esercizio dell’attività con titolo professionale o formativo non conseguito;
f) l’esercizio dell’attività nel periodo di sospensione disciplinare;
g) il vanto di rapporti di parentela o familiarità o di qualunque efficace
influenza con coloro che rivestono incarichi od operano nelle Istituzioni al
fine di trarre utilità di qualsiasi natura nelle sua attività professionale.

Art. 15 (Titolo professionale)
1. L’esercizio dell’attività professionale svolta in forma individuale o associata
deve avvenire con l’espressa indicazione del titolo di Consulente del Lavoro.
2. Costituisce comportamento rilevante ai sensi degli artt. 3, 5 e 10 l’uso di titoli
professionali e formativi non conseguiti.

Art. 16 (Sostituzione di collega per decesso, sospensione o temporaneo
impedimento)
1. Il Consulente chiamato dall’Ordine ovvero dalla famiglia a sostituire un collega
deceduto per liquidare lo studio o gestirlo temporaneamente, dopo aver accettato
l’incarico, deve agire con particolare diligenza avendo riguardo agli interessi
degli eredi, dei clienti e dei collaboratori del collega.
2. Per gli incarichi conferiti al deceduto ma eseguiti, anche in parte, dal sostituto,
può essere richiesto parere all’Ordine sulle modalità e criteri di ripartizione del
compenso.
3. Il primo comma si applica anche in caso di sospensione disciplinare o
impedimento temporaneo di un collega. In tali casi, il sostituto deve agire con
particolare diligenza e gestire lo studio rispettandone i connotati strutturali ed
organizzativi dando comunicazione circa i termini della sostituzione agli Ordini
di appartenenza.

Art. 17 (Rapporti con l’Ordine)
1. Il Consulente è tenuto a collaborare lealmente con l’Ordine per l’espletamento
delle funzioni istituzionali, anche con riferimento al fenomeno dell’abusivismo
professionale.

Art. 18 (Cariche istituzionali)
1. Coloro che rivestono cariche elettive presso Istituzioni o Enti previsti
dall’ordinamento di categoria devono adempiere al loro ufficio con disponibilità,
obiettività e imparzialità, osservando anche le norme in materia di prevenzione
della corruzione ed in materia di trasparenza, contenute nel D. Lgs. 14 marzo
2013, n. 33 e ss.mm.
2. I soggetti di cui al primo comma devono curare le modalità con cui svolgono il
mandato al fine di non conseguire, per effetto di esse, utilità di qualsiasi natura.

Art. 19 (Partecipazione a compagini societarie e collaborazioni con
imprese che erogano servizi nel settore di attività, di cui all’articolo 1,
Legge 11 gennaio 1979, 12)
1. Il Consulente del lavoro che rivesta la carica di amministratore di società
commerciali che hanno come oggetto sociale l’erogazione di servizi nel settore
di attività di cui all’art. 1, commi 4 e 5, della Legge 11 gennaio 1979, n. 12, è
tenuto a svolgere le sue attribuzioni e/o funzioni nell’osservanza delle
disposizioni del presente Codice.
2. Ove la società di cui al comma precedente ponga in essere atti e/o
comportamenti oggettivamente rilevanti ai sensi delle disposizioni del presente
Codice, il Consulente del lavoro che la amministra è ritenuto responsabile degli
stessi a meno che si tratti di attribuzioni proprie o di funzioni in concreto
attribuite ad altro amministratore, ovvero che si tratti di fatti attribuibili a
comportamenti dolosi di terzi o in ogni caso attribuiti esclusivamente a terzi.
3. In ogni caso, il Consulente del lavoro che amministri o assista le imprese e gli
organismi di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 1, Legge 11 gennaio 1979, n. 12, è
responsabile se, essendo a conoscenza di fatti rilevanti ai sensi del presente
Codice, non ha agito per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le
conseguenze.
4. E’ altresì considerato responsabile il Consulente del lavoro che sia socio di una
società di cui al primo comma che abbia autorizzato tali comportamenti ai sensi
dell’art. 2364, comma 1, numero 5), c.c. ovvero sia titolare di diritti particolari in
materia ai sensi dell’art. 2468, comma 3, c.c. ovvero abbia concorso alla
decisione ai sensi dell’art. 2479 c.c..
5. Il Consulente del lavoro che amministra o assiste le imprese di cui ai commi 4 e
5 dell’articolo 1, Legge 11 gennaio 1979, n. 12, deve assicurarsi che le predette
imprese ed organismi effettuino la prescritta comunicazione di conferimento
dell’incarico al Consiglio Provinciale dell’Ordine ed alla Direzione Territoriale
del Lavoro competenti.
6. Al Consulente del lavoro che svolge la propria attività nell’ambito di STP si
applicano anche le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo.
7. Il Consulente del lavoro socio di STP che a qualsiasi titolo concorra ad alterare
le condizioni previste dell’articolo 10 comma 4, lettera b), della Legge 12
novembre 2011, n. 183, secondo cui il numero dei soci professionisti e la
partecipazione al capitale deve essere tale da determinare la maggioranza dei due
terzi nelle decisioni o deliberazioni dei soci, sarà considerato gravemente
responsabile ai sensi del presente Codice.

Art. 20 (Rapporti con i Colleghi)
1. Il Consulente deve mantenere nei confronti dei colleghi e delle Istituzioni un
comportamento ispirato a correttezza e lealtà.
2. Il Consulente non deve registrare una conversazione telefonica con un collega.
3. Il Consulente deve assicurarsi che il contenuto di colloqui riservati intercorsi con
i colleghi non venga riportato in atti processuali.
4. Il Consulente, prima di intraprendere azioni giudiziarie nei confronti di colleghi
per fatti inerenti lo svolgimento dell’attività professionale, deve interessare il
Consiglio dell’Ordine provinciale di appartenenza, al fine di ricercare in quella
sede una soluzione che salvaguardi il decoro e la dignità dell’Ordinamento
Professionale.

CAPO IV – RAPPORTI INTERNI
Art. 21 (Rapporti con Praticanti, collaboratori, dipendenti)
1. Il Consulente è tenuto a fornire al Praticante l’addestramento teorico e pratico
necessario allo svolgimento dell’attività professionale, ivi compreso
l’insegnamento delle regole deontologiche.
2. Il Consulente deve consentire al Praticante di partecipare a corsi specifici di
formazione propedeutici al superamento dell’esame di Stato.
3. Il Consulente deve improntare il rapporto con il Praticante alla massima
chiarezza e trasparenza, con particolare attenzione alle modalità di espletamento
della pratica. E’ opportuno che il rapporto sia definito per iscritto anche
mediante la sottoscrizione del patto formativo.
4. Dopo i primi sei mesi di tirocinio, il Consulente ha l’obbligo di corrispondere al
praticante un rimborso spese forfettariamente concordato.
5. Il Consulente è tenuto ad assicurare a collaboratori e dipendenti condizioni di
lavoro moralmente ed economicamente dignitose. E’ opportuno che il
Consulente instauri per iscritto i suoi rapporti di collaborazione.
6. Per eventuali controversie insorte in ordine ai rapporti di praticantato, si ritiene
applicabile il precedente articolo 20, comma 4.

Art. 22 (Responsabilità a seguito del praticantato)
1. Il praticante ha l’obbligo di rispettare quanto disciplinato dal Regolamento sul
Tirocinio obbligatorio approvato dal Consiglio Nazionale.

CAPO V – ESERCIZIO PROFESSIONALE
Art. 23 (Incarico professionale)
1. L’incarico professionale è ordinato sulla reciproca fiducia tra il Consulente e il
cliente, sia esso soggetto individuale o collettivo.
2. Il Consulente raggiunto da provvedimento di sospensione deve attivarsi
prontamente per farsi sostituire da altro professionista nell’esecuzione degli
incarichi professionali in corso, segnalando il nominativo del sostituto al
Consiglio Provinciale.
3. Il Consulente deve rifiutarsi di accettare l’incarico o di prestare la propria attività
quando dagli elementi conosciuti possa fondatamente desumere che la sua
attività concorre alla realizzazione di una operazione contra legem.
4. In costanza del periodo di sospensione, il Consulente non può
promuovere o accettare incarichi professionali.
5. La violazione del comma precedente costituisce aggravante.

Art. 24 (Interesse personale)
1. Il Consulente del lavoro è tenuto ad astenersi dal prestare attività professionale
quando abbia, per conto proprio o di terzi, un rilevante interesse personale che
possa condizionare il corretto svolgimento dell’incarico.
2. L’obbligo di astensione di cui al precedente comma, grava anche sulla società e
sull’associazione della quale fa parte come socio o amministratore.
3. Le funzioni di presidente di un collegio arbitrale non possono essere assunte dal
Consulente del lavoro che ha rapporti professionali con altri componenti del
collegio ovvero con le parti, salvo espressa autorizzazione di tutti gli interessati.

Art. 25 (Accettazione dell’incarico)
1. Il Consulente promuove il conferimento dell’incarico professionale con le
modalità previste dalla Legge, specificando per iscritto l’oggetto, la natura, i
compensi e gli estremi della polizza professionale.
2. E’ opportuno che il Consulente che abbia ricevuto incarico verbale ne dia
conferma scritta al cliente, così come ad ogni eventuale modifica dello stesso.
3. Il Consulente non deve accettare incarichi da un cliente già assistito da un collega
senza informare quest’ultimo; è altresì opportuno che il Consulente si accerti che
il cliente abbia provveduto a recedere dal precedente rapporto professionale,
salvo il caso di conferimento di incarico congiunto.
4. Il Consulente, a qualsiasi titolo sostituito, deve prestare al collega subentrante la
collaborazione a tal fine necessaria e adoperarsi affinché il subentro avvenga
senza pregiudizio del cliente.
5. Il Consulente deve astenersi dall’effettuare controlli o accertamenti in merito a
situazioni riferentisi a clienti di altro collega salvo che quest’ultimo sia stato
preventivamente preavvisato dal cliente di tali accertamenti.

Art. 26 (Incarico congiunto)
1. Il Consulente che riceve un incarico congiunto con un collega deve stabilire con
quest’ultimo rapporti di fattiva collaborazione nel rispetto dei relativi compiti. In
particolare essi:
a) devono tenersi reciprocamente informati circa le prestazioni eseguite e da
svolgere. E’ opportuno che si consultino per concordare la condotta al fine
della effettiva condivisione della strategia;
b) devono astenersi da atti e comportamenti tendenti ad attirare il cliente
nella propria sfera esclusiva.
2. Il Consulente, al fine di evitare ogni responsabilità, è tenuto a informare l’Ordine
della eventuale condotta professionalmente scorretta del collega ove la ritenga
difforme dalle disposizioni del presente Codice.

Art. 27 (Compensi)
1. Il Consulente determina con il cliente il compenso professionale ai sensi
dell’articolo 2233 del c.c., tenuto conto di quanto previsto dall’art. 2, comma 1,
lettera b), della Legge 4 agosto 2006, n. 248, e dall’articolo 9, comma 1, della
Legge 24 marzo 2012, n. 27, che hanno abrogato le disposizioni, legislative e
regolamentari, che prevedono con riferimento alle attività libero professionali o
intellettuali l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime, e fatto salvo quanto
previsto dalle leggi speciali.
2. E’ opportuno che i preventivi siano resi per iscritto.

Art. 28 (Esecuzione dell’incarico)
1. Il Consulente deve usare la diligenza e perizia richiesta dalle norme che regolano
il rapporto professionale nel luogo e nel tempo in cui esso è svolto.
2. Egli deve, tempestivamente, illustrare al cliente, con semplicità e chiarezza, gli
elementi essenziali dell’incarico affidatogli. In particolare, è tenuto a:
a) dare al cliente le informazioni necessarie ad assicurare la piena
consapevolezza circa il tipo di prestazione richiesta;
b) adoperarsi per la rettifica di errori, inesattezze od omissioni nelle proprie
prestazioni, al cui onere è tenuto se sono a lui imputabili.

Art. 29 (Cessazione dell’incarico)
1. Il Consulente non deve proseguire l’incarico qualora sopravvengano circostanze
o vincoli che possano influenzare la sua libertà di giudizio ovvero condizionarne
la condotta.
2. Il Consulente non deve proseguire l’incarico se la condotta o le richieste del
cliente ne impediscono il corretto svolgimento.
3. Fatto salvo quanto previsto dalla legge o dall’accordo stipulato, al determinarsi
di una causa di cessazione dell’incarico il Consulente deve avvisare
tempestivamente della stessa il cliente e interrompere il rapporto con un
preavviso adeguato alle circostanze, mettendolo in ogni caso in condizione di
non subire pregiudizio.
4. Il Consulente che non sia in grado di proseguire l’incarico con specifica
competenza, per sopravvenute modificazioni alla natura e difficoltà della
prestazione, ha il dovere di informare il cliente e chiedere di essere sostituito o
affiancato da altro professionista.
5. Il Consulente è tenuto a rinunciare all’incarico prima di agire giudizialmente
verso il proprio cliente.

Art. 30 (Trascuratezza nella gestione degli interessi del cliente)
1. Costituisce inadempimento disciplinare l’intenzionale trascuratezza degli
interessi del cliente.

Art. 31 (Restituzione dei documenti)
1. Il Consulente è tenuto a restituire senza indugio al cliente i documenti relativi
all’incarico quando quest’ultimo ne faccia richiesta.
2. Copia dei documenti può essere trattenuta, anche senza il consenso scritto del
cliente, solo quando ciò sia necessaria ai fini della liquidazione del compenso, e
non oltre l’avvenuto saldo, ovvero quando sia necessario alla tutela della propria
posizione.

Art. 32 (Richieste di pagamento)
1. In costanza del rapporto professionale il Consulente può chiedere la
corresponsione di anticipi parametrati alle spese sostenute ed a quelle prevedibili
nonché di acconti commisurati alla quantità e complessità dell’incarico.
2. Il Consulente cura la rendicontazione delle spese sostenute e degli acconti
ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del cliente, la nota dettagliata delle
spese sostenute e degli acconti ricevuti.
3. In caso di mancato pagamento, il Consulente non può chiedere un compenso
maggiore di quello già indicato salvo che non ne abbia fatto espressa riserva.

Art. 33 (Pubblicità informativa)
1. E’ ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l’attività,
le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello
studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni.
2. La pubblicità informativa di cui al comma 1 deve essere funzionale all’oggetto,
veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo del segreto professionale e non
deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria.
3. La pubblicità informativa è svolta secondo criteri di trasparenza e veridicità del
messaggio il cui rispetto è verificato dall’Ordine.
4. Il Consulente non deve pubblicizzare la propria attività professionale associando
in alcun modo la propria immagine a società commerciali o altri enti terzi al fine
di eludere le disposizioni di cui ai precedenti commi.

Art. 34 (Rapporto di lavoro subordinato)
1. Nel caso in cui al Consulente, che eserciti la professione nell’ambito di un
rapporto di lavoro subordinato, venga richiesto di porre in essere una condotta
non conforme alle disposizioni del presente Codice, è esonerato da responsabilità
a condizione che lo comunichi preventivamente e per iscritto al soggetto da cui
dipende gerarchicamente.
2. Fatto salvo quanto previsto al primo comma, costituisce aggravante la
condotta del Consulente che ha preteso dai colleghi che da lui dipendono
gerarchicamente condotte non conformi alle disposizioni del presente Codice.

CAPO VI – POTESTA’ DISCIPLINARE
Art. 35 (Potestà disciplinare)
1. Fatto salvo quanto previsto dalla legge, spetta al Consiglio di disciplina
territoriale la potestà di decidere le sanzioni adeguate e proporzionate alla
violazione delle norme deontologiche, nel rispetto di quanto previsto all’articolo
successivo.
2. Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto
della reiterazione delle condotte nonché delle specifiche circostanze, soggettive
e oggettive, che hanno concorso a determinare l’infrazione.
3. L’azione giudiziaria non sospende o impedisce l’instaurazione del procedimento
disciplinare ove la condotta addebitata costituisca autonoma violazione delle
disposizioni del presente Codice.

Art. 36 (Volontarietà della condotta)
1. La responsabilità disciplinare discende dalla volontaria condotta, sia omissiva
che commissiva, diretta alla violazione dei doveri di cui al presente Codice.
2. Quando siano state contestate diverse infrazioni nell’ambito di uno stesso
procedimento, la sanzione deve essere unica.

CAPO VII – DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 37 (Disposizioni finali)
1. Le disposizioni di cui ai Capi III, IV e V costituiscono espressione dei doveri
generali contenuti nel presente Codice e non ne limitano l’ambito di
applicazione.

Art. 38 (Entrata in vigore)
1. Le presenti norme entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla sua
adozione da parte del Consiglio Nazionale.
2. Le presenti norme sono pubblicate sul sito www.consulentidellavoro.gov.it
entro e non oltre il giorno successivo a quello della loro adozione ai sensi
del comma precedente.
3. Le presenti norme si applicano anche alle condotte deontologicamente rilevanti
che sono state poste in essere prima della loro entrata in vigore se risultano più
favorevoli all’incolpato, salvo che la sanzione disciplinare sia stata irrogata con
decisione del Consiglio Nazionale passata in giudicato.